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Hardware

Recensione: Xiaomi Mi Band 3, una evoluzione immatura

La nuova Xiaomi Mi Band 3 ha il duro compito di sostituire la tanto apprezzata Mi Band 2, riuscendoci solo in parte (almeno per il momento).

Confezione:

Va bene la ricerca del minimalismo ma forse Xiaomi dovrebbe ripensare alla dotazione offerta; nella confezione infatti sono inclusi solo il cavetto USB proprietario, un cinturino in gomma nera ed un opuscolo cartaceo di dubbia utilità visto che è scritto interamente in cinese (come l’esterno della scatola).

Design e dimensione:

Xiaomi Mi Band 3 ha mantenuto la filosofia dei precedenti modelli, rinnovando l’estetica senza alterare la semplicità. Visivamente si può notare l’adozione di una linea più morbida, con dimensioni leggermente maggiori rispetto alla Xiaomi Mi Band 2. Il nucleo infatti contiene un display più grande con bordi curvi ed un tasto soft incavato nella parte inferiore. Nella parte opposta è presente il sensore per il battito cardiaco, con una sporgenza più accentuata ma assolutamente impercettibile che favorisce la rilevazione del polso. La costruzione in generale è nettamente migliorata e lo si nota fin dal primo inserimento nel bracciale: anche con movimenti bruschi il modulo rimane saldo nella propria sede.

Hardware:

Come accennato prima, Xiaomi Mi Band 3 si evolve partendo proprio dal display PMOLED con diagonale di 0,78 pollici e risoluzione di 128×80 pixel, il tutto protetto da un vetro Gorilla Glass. Si tratta di un touch screen vero e proprio che ci permette di muoverci tra i menu rilevando gli swipe laterali e verticali. Purtroppo il display è anche il principale punto debole poiché all’esterno la leggibilità è estremamente ridotta, oltre ad avere poco spazio per i caratteri nella visualizzazione delle notifiche.

All’interno è stato aggiornato il Bluetooth che passa alla versione 4.2 LE, il cardiofrequenzimetro e la batteria che ora è da 110mAh, mentre rimane invariata la presenza dell’accelerometro a 3 assi e del motorino di vibrazione. Grazie ai materiali utilizzati in fase di assemblaggio la Xiaomi Mi Band 3 è impermeabile fino a 50 metri con certificazione IP67.

Software:

Le funzioni accessibili dal polso sono estremamente limitate e non vanno oltre la visualizzazione della data e dell’ora, del contapassi (con distinzione tra chilometri percorsi e calorie bruciate), del livello di batteria, del battito cardiaco corrente, delle previsioni meteo (per i prossimi 3 giorni) e delle notifiche (le ultime 5). Potremmo inoltre gestire un semplice cronometro, fare squillare il telefono e scegliere il layout della schermata iniziale. Il firmware è stato da poco aggiornato con la lingua italiana (prima erano presenti solo il cinese e l’inglese) dimostrando la giovinezza di questo dispositivo; indipendentemente da questo fattore l’interfaccia è abbastanza intuitiva (grazie anche all’utilizzo delle icone) e servirà davvero poco per capire come muoversi tra le varie voci.

Il vero centro di controllo è l’app Mi Fit, la quale permette di gestire in maniera completa la nostra smartband. Innanzitutto avrete la panoramica sia della giornata in corso che della notte precedente attraverso il monitoraggio del sonno, con dati e grafici di facile comprensione. Non manca la possibilità di personalizzare ogni aspetto della Xiaomi Mi Band 3, come il comportamento con le notifiche o con le chiamate in arrivo, impostare sveglie ed eventi, l’avviso di sedentarietà, l’intervallo di monitoraggio del battito (1, 5, 10 o 30 minuti) oppure impostare il proprio obbiettivo giornaliero.

Anche la gestione delle attività ha una scheda specifica, e la dovremmo utilizzare se vogliamo far partire il nostro allenamento (scegliendo tra corsa, tapis roulant, ciclismo e camminata); Dal display infatti non potremmo compiere manualmente questa operazione e dovremmo affidarci al rilevamento automatico. Durante i miei test ho potuto verificare il comportamento durante questi casi e notando che il riconoscimento c’è stato ma dopo alcuni minuti dall’inizio dell’effettiva attività; Inoltre, data l’assenza del GPS integrato, per tenere traccia del percorso bisogna necessariamente avere lo smartphone con se. Senza alcun dubbio l’applicazione si si rivela decisamente completa tranne per le attività natatorie che purtroppo ancora non sono presenti.

Autonomia:

Pur essendo un indossabile così piccolo, la Xiaomi Mi Band 3 racchiude una batteria davvero generosa (110mAh) che garantisce il funzionamento nella maggior parte degli scenari per oltre due settimane. Al tempo stesso è molto facile ridurre questa stima impostando la misurazione cardiaca ogni minuto e ricevendo continuamente notifiche, ma in ogni caso difficilmente avremmo bisogno della presa di corrente in meno di sette giorni. La ricarica avviene velocemente e si completa molto prima dello scattare dell’ora anche utilizzando caricabatterie non di ultimissima generazione oppure una presa USB del proprio PC.

Conclusioni:

Xiaomi Mi Band 3 è la giusta evoluzione del precedente modello ma con molto potenziale inespresso. Purtroppo è ancora troppo limitata senza l’abbinamento e l’utilizzo dell’app Mi Fit, ma con l’arrivo della lingua italiana è destinata ad avere un largo consenso sopratutto per chi cerca un dispositivo discreto e dinamico. E’ in grado di fornire stime indicative sui nostri movimenti e non richiede un capitale per essere acquistato. L’esperienza d’uso è stata abbastanza appagante, ovviamente meglio nel quotidiano che a livello sportivo: i dati raccolti non si discostano troppo dalle altre band, anche se comunque sono da prendere con le dovute cautele, mentre le differenze sono decisamente più marcate se confrontato con uno sportwatch. Detto ciò rimane il paradosso del display inutilizzabile sotto la luce diretta del sole per un dispositivo nato per stare all’aperto.

 

Redazione Instanews

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