Napoli: Ancelotti non è un martire

Il Napoli ed Ancelotti si sono separati nel corso di queste ore dopo un lungo strascico degli ultimi mesi.

Nell’ultimo periodo si era capito che qualche cosa effettivamente in casa Napoli si era rotta. Il rapporto fra società e giocatori era ai minimi storici soprattutto dopo un lunga esperienza con Sarri che aveva portato la squadra ad un livello ancora più alto, ma non sufficiente per quello che è il confronto con la Juventus di questo decennio.

Ancelotti era stato scelto come il classico allenatore con il giusto carisma, background e palmares ai fini di compiere quello step finale e vincere il tanto agognato Scudetto. Missione compiuta? Altroché con una stagione, quella 2018-19, che ha mostrato più bassi che alti ed una classifica finale che ha graziato la squadra partenopea solamente per poca efficienza delle altre squadre.

Ora, come era già successo ai tempi del Bayern, l’allenatore emiliano sta passando da martire e come parte lesa in tutto questo caos intorno al Napoli. Potremmo dire che la sua vera ed ultima grande impresa è stata quella con il Real Madrid portando a casa la Decima che diede il via alla grande serie di vittorie dei Blancos anche con Zidane. Anche lì per me ci furono degli scricchioli, ma in pochi se ne accorsero veramente. Il PSG, per quanto fosse una grande squadra, giocava contro nessuno nel suo campionato e non ha mai brillato in Champions League. Sul Bayern… Ecco qui si è visto come il cambiamento generale del calcio moderno non abbia seguito anche quelli che erano i pensieri ed i dettami tecnici dello stesso Carlo. Arrivare a sentirsi dire da vari professionisti che gli allenamenti erano troppo blandi è parecchio grave, specie ai livelli attuali. Al Napoli la solfa non è cambiata e dopo quello che forse è stato un anno in cui tutti si sono messi in discussione, a partire dai giocatori stessi con i vari cambiamenti, poi si è deciso di compiere lo stesso ammutinamento avvenuto in quel di Monaco di Baviera. Giusto sportivamente parlando, sbagliato invece dal punto di vista personale. Fatto sta che la squadra aveva forse solamente questo modo per farsi sentire dalla proprietà (su cui ci sono sempre dei dubbi ahimè) e dai tifosi che tanto osannavano fino ad inizio stagione l’allenatore.

Ora, con tutto il bene del mondo e con la comodità della mia sedia davanti al monitor, non si può dire che Carlo Ancelotti non sia più in grado di allenare. Questo no. Però possiamo dire che si è trattato di un grande, grandissimo allenatore che ha vinto tutto negli anni ma che forse ora non ha fatto o non riesce a fare quel passaggio che è necessario per allinearsi al nuovo sviluppo del calcio. È palese come questo sport sia cambiato nel corso degli ultimi 3/5 anni, basti vedere il declino di Mourinho e delle sue sventure consecutive dopo anni di successi a ripetizione e dovunque andasse, no?

Smettiamola però di definire Ancelotti come un martire. Non lo è e, come sempre, parte delle colpe saranno sicuramente anche le sue oltre che della squadra (ci mancherebbe).

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