George Floyd, l’esito della perizia del medico legale è sorprendente

Nel corso del processo che riguarda la morte di George Floyd, c’è stata la perizia del medico legale. Ecco qual è stato l’esito del suo lavoro

Da un paio di settimane è iniziato a Minneapolis il processo che riguarda la morte di George Floyd. Alla sbarra c’è Derek Chauvin, l’agente di polizia che l’ha tenuto sotto scacco per circa trenta minuti. Il video di Floyd che implora l’agente e che chiede aiuto perché non riesce a respirare ha fatto il giro del mondo ed ha causato proteste ovunque, non solo negli Stati Uniti d’America.

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Probabilmente, è il processo più importante degli ultimi trent’anni che riguardi un membro delle forze dell’ordine. Il video, della durata di 8 minuti e 46 secondi ha sconvolto tutti. Difficilmente qualcuno dimenticherà ciò che è successo lo scorso 25 maggio. I due agenti avevano fermato Floyd con l’accusa che avesse pagato un pacchetto di sigarette con una banconota da 20 dollari falsa.

Quel suo “I can’t breathe”, “non riesco a respirare”, è ovviamente diventato immediatamente mediatico. Anche il processo negli Stati Uniti è molto seguito ed è praticamente trasmesso in diretta da diverse televisioni. Nel corso della giornata di ieri è arrivata la perizia del medico legale, che si è pronunciato sui motivi che hanno portato George Floyd al decesso. Ecco gli esiti della perizia.

George Floyd, il medico legale: “È stato ucciso dalla polizia”

A Minneapolis è in corso il processo contro Derek Chauvin. È l’agente di polizia accusato di aver ammazzato George Floyd, soffocandolo, il 25 maggio 2020. La difesa di Chauvin ha sempre sostenuto che ad uccidere l’uomo fossero stati l’uso di droghe e le sue malattie cardiache. Per questo l’agente si è sempre dichiarato innocente, nonostante il video della morte di Floyd pare dimostri il contrario.

Adesso è arrivato anche l’esito della perizia del medico legale, il dottor Lindsey Thomas. È un patologo forense che si è ritirato dall’ufficio del medico legale della contea di Hennepin nel 2017. Thomas ha alle spalle una carriera molto brillante ed è per questo che è stato incaricato di effettuare l’autopsia sul corpo di George Floyd. Ieri ha testimoniato davanti al giudice, dichiarando quali fossero le sue conclusioni sulla morte 46 enne afroamericano.

L’autopsia ha escluso infarto, aneurisma o altre cause. Floyd non sarebbe morto, dunque, nemmeno a causa di overdose, come dichiarato dalla difesa dell’agente Chauvin. “Questa è una morte in cui sia il cuore che i polmoni hanno smesso di funzionare. Questo è dovuto alla compressione delle forze dell’ordine”. Parole che, ovviamente fanno discutere e saranno pesantissime nel corso del processo.

Una statistica preoccupa l’accusa

Nonostante la perizia del medico legale dica chiaramente che George Floyd sia stato ucciso dalle azioni della polizia, c’è una statistica che non piace molto all’accusa. Condannare un poliziotto negli Stati Uniti è un evento molto raro. Secondo quanto riportato da una ricerca del Washington Post, circa mille persone all’anno vengono uccise dalla polizia. Ma molti agenti non vengono nemmeno processati.

 

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Sono infatti soltanto 110 gli agenti di polizia processati dal 2005 ad oggi. Di questi, 42 sono stati condannati per diversi reati. Soltanto 5 poliziotti sono stati condannati per omicidio. Una statistica molto bassa, quindi. Bisogna anche sottolineare, però, che nel processo che vede coinvolto l’agente Chauvin c’è un video che dura più di 8 minuti che pare inchiodarlo. Ma già in passato è capitato che alcuni agenti venissero considerati innocenti nonostante le prove schiaccianti di un video.

Nel 1991 gli agenti che picchiarono quasi a morte il tassista Rodney King a Los Angeles furono assolti. Anche in quel caso c’era un video che pareva potesse condannare gli agenti, ma non fu così. Il filmato era stato girato casualmente da un videoamatore e, anche in quel caso, venne immediatamente trasmesso da tutti i network statunitensi. Per evitare un’altra assoluzione, l’accusa nei confronti di Derek Chauvin è di tre diversi reati di omicidio.

La scelta dei giurati e le strategie di accusa e difesa

Pare che la cosa più complicata di questo processo sia stata la selezione dei giurati. Non è stato sicuramente facile scegliere 12 cittadini imparziali, che non fossero troppo di destra o di sinistra. Dodici persone, quindi, non schierate sulla questione Black Lives Matter, in grado di ascoltare la difesa senza preconcetti. Ci sono voluti ventuno giorni per selezionare i giurati, quasi la durata che avrà l’intero processo.

I potenziali giurati erano inizialmente 300. Sono stati tutti intervistati per capire quale fosse la loro opinione sulle forze dell’ordine o le loro passioni. Alla fine è venuto fuori un mix demografico equilibrato, che non rappresenta totalmente la città di Minneapolis. Il  capoluogo della contea di Hennepin, infatti, ha una popolazione nera per meno del 20%. I giurati afroamericani sono quattro, altri due sono di colore e sei sono bianchi. I testimoni presentati da accusa e difesa sono 575.

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La strategia dell’accusa è chiara. Il procuratore proverà in tutti i modi ad usare il video e le testimonianze dei diretti interessati per provare la morte per asfissia, provocata dall’agente di polizia. L’accusa preferisce puntare sulle immagini forti piuttosto che sulle 22 indagini interne che riguardano l’agente Chauvin. L’idea è quella di dimostrare che l’agente avrebbe potuto arrestare George Floyd anche senza utilizzare la violenza.

La difesa proverà a sporcare la figura di Floyd, descrivendolo come un tossicodipendente con diverse patologie pregresse. Nonostante l’esito della perizia, gli avvocati di Derek Chauvin proveranno a battere sul fatto che Floyd facesse uso di sostanze stupefacenti. Un altro punto che l’accusa proverà a dimostrare è che il ginocchio sarebbe stato posizionato sulla spalla e non sul collo. In questo modo dimostrerebbero che Floyd non è morto per asfissia.

Al momento c’è soltanto il giuramento del medico legale, seguiranno nei prossimi giorni diversi dibattiti.

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